Storia

La catechesi dagli inizi dell’era cristiana al movimento catechistico del XX secolo, una brevissima panoramica

 

1 – Gli inizi.
Anche se non abbiamo dei “catechismi” (i primi li troveremo solo a partire dal 1400) intesi nell’accezione moderna, la catechesi è cominciata col cristianesimo. Dal periodo apostolico fino a prima dell’era costantiniana (IV secolo) la catechesi era intesa come un’educazione alla sequela dell’unico Maestro Gesù. I cristiani, come si sa, si riunivano nelle abitazioni, imitando il comportamento sinagogale ebraico, dove si celebravano le liturgie e si svolgevano le catechesi. Queste ultime erano soprattutto orientate alla formazione dei nuovi convertiti in vista del battesimo. La formazione era piuttosto prolungata soprattutto per i neo-convertiti che provenivano dal paganesimo, invece era molto più leggera per coloro che provenivano dall’ebraismo ai quali andava “solamente” spiegato il compimento delle scritture. Il messaggio catechetico si basava sulla figura di Gesù Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto il terzo giorno, inviato dal Padre per salvare l’umanità dal peccato. Con l’editto di Costantino del 313, che sancì la libertà religiosa all’interno dell’impero romano, ma soprattutto con l’editto di Tessalonica del 380 che sancì la religione cristiana quale unica religione dell’impero romano, si crearono presupposti e situazioni pastorali nuove che misero in discussione tutta l’organizzazione catechetica creatasi spontaneamente nei primi tre secoli. Di questo periodo un’opera importante da ricordare è il “De catechizandis rudibus” di Agostino d’Ippona. E’ una lettera scritta da Agostino al diacono Deogratias all’incirca nell’anno 405, che fornisce la metodologia di insegnamento ai cosiddetti rudes, ossia coloro che erano candidati al catecumenato, considerati nelle loro situazioni e nei loro sentimenti. Abbiamo appena citato la parola “catecumenato”,che fu un fenomeno importantissimo cominciato nel II secolo e proseguito fino al V. Era organizzato a tappe successive: la presentazione e ammissione, la formazione che poteva durare anche tre anni, uno scrutinio per la verifica del comportamento e quindi la preparazione immediata al battesimo all’inizio della quaresima, la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, confermazione, eucaristia in questo ordine) la notte della veglia di pasqua, le catechesi sui sacramenti ricevuti nel periodo post-pasquale (famosissime sono le catechesi mistagogiche di Cirillo di Gerusalemme, Gerusalemme 313 o 315 – Gerusalemme 387). In contemporanea al catecumenato vi fu anche la forma catechetica della predicazione che prese sempre più piede man mano che il catecumenato perdeva terreno a causa dell’imporsi dell’amministrazione del battesimo ai bambini. Temi trattati nelle predicazioni erano la vita eterna, la fede, il peccato, le virtù, l’amore verso Dio e verso il prossimo.

2 – L’età di mezzo e l’età moderna
All’inizio del medioevo (alto medioevo) la chiesa conosce una nuova forte spinta evangelizzatrice, solamente che al metodo catechetico della predicazione e dell’esempio seguito da libere conversioni, preferì la tecnica delle alleanze politico-religiose con re e principi e quindi iniziò l’epoca dei battesimi di massa. Intere regioni e nazioni si convertirono in poco tempo, grazie ai risultati di questi accordi, alla religione cristiana. Tale situazione arrivò al culmine con Carlo Magno (742-814) e il Sacro Romano impero, ove la religione funse da buon collante sociale. Nonostante questa situazione ci furono lo stesso delle forme di catechesi che si diffusero, ma si dovrebbe parlare più di trasformazioni delle forme di catechesi. Una di queste fu la predicazione da parte dei vescovi, è bene ricordare la grande figura del vescovo predicatore Isidoro di Siviglia (560-636) , un’altra furono le predicazioni effettuate nelle frequenti missioni popolari e la domenica nelle chiese. La catechesi era inoltre fatta dai genitori nelle famiglie che insegnavano ai figli le preghiere, il Credo e li introducevano alle opere di pietà e li educavano alla rettitudine morale. La forma catechetica maggiormente utilizzata fu naturalmente quella “autoritaria” da parte dei predicatori. Contemporaneamente e successivamente a questa forma catechetica se ne sviluppò un’altra, importantissima nella vita della chiesa: la catechesi monastica. Mirava alla salvezza delle anime raggiungibile attraverso la stretta osservanza dei comandamenti, la pratica delle virtù e delle opere di misericordia, la grande attenzione alla pena eterna. Questa catechesi era un vero e proprio itinerario spirituale, tipico appunto della spiritualità monastica, formato da livelli successivi. Ma un vero spiraglio di luce in questo periodo furono i catechismi di Erasmo da Rotterdam (1466 o 1469 – 1536), che riaffermarono il concetto dell’atto di fede e di scelta cristiana, sottolineando il primato della fede prima e della carità poi, di paolina e giovannea memoria. In tutto ciò, la scrittura è vista come sorgente della fede e recupera il cristocentrismo e il concetto della chiesa come sposa e corpo (vedi le lettere di san Paolo Apostolo).
Arriviamo finalmente al concilio di Trento (1545-1563 con varie interruzioni). La sua importanza è legata alla nuova organizzazione della catechesi. Fulcro di questa riorganizzazione fu la richiesta di una pubblicazione di un catechismo per i parroci (catechismus ad parochos) avvenuto sotto papa Paolo V (Camillo Borghese, 1552-1621) nel 1556, che segue fedelmente lo schema delle predicazioni medievali: fede, sacramenti, comandamenti, preghiera. Il catechismo era una guida, un’ottima base, nelle mani dei parroci e doveva essere adattato a seconda dei destinatari che si avevano di fronte. Durante il periodo post-conciliare prese piede un tipo di catechesi che avveniva all’interno delle Confraternite della dottrina cristiana che promuovevano l’educazione religiosa dei fanciulli e dei ragazzi. Si facevano delle lezioni nel pomeriggio, con i ragazzi divisi in classi e alla fine dell’anno c’era una gara per determinare chi meglio avesse appreso i concetti di dottrina. Sicuramente la più famosa fu quella sviluppatasi a Roma per opera di san Filippo Neri (1515-1595). Nello stesso periodo non cessò, anzi ne uscì rafforzata, la predicazione. Essa, come detto in precedenza, costituisce un metodo catechetico ben preciso e molto efficace. Notevole sviluppo della predicazione si ebbe grazie alle missioni popolari, dirette al risveglio religioso e più orientate all’istruzione catechetica. Le missioni popolari iniziavano la domenica ed ogni giornata presentava la predica alle famiglie, la preghiera, la predica in forma di dialogo fra i missionari e alla fine c’era un discorso solenne. Il più grande predicatore del periodo post-tridentino fu senz’altro il francescano san Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751), figura di santo poco conosciuta ma fondamentale nella storia cristiana, anche perché a lui è dovuta l’ideazione e la diffusione della pratica della Via Crucis e la diffusione della preghiera delle Tre Ave Maria.
Proprio questi sono gli anni dell’illuminismo e della modernità (1700 e 1800) nei quali la Chiesa è sottoposta ad attacchi e la catechesi si comincia a confrontare con le scienze moderne, tra le quali anche la didattica. In quest’ambito si colloca la riforma di Maria Teresa d’Austria (Vienna 1717 – 1780) che applicò nell’impero Austro-Ungarico appunto la didattica alla catechesi effettuata in ambito scolastico. La catechesi verrà studiata per un paio di ore settimanali e verranno alla luce ben tre catechismi, con finalità prevalente di formazione e indottrinamento morale, aventi basi decisamente più scientifiche. La catechesi inoltre venne ricollocata nell’ambito della teologia pastorale. E’ il caso di citare, solo a titolo di cronaca, anche il catechismo imperiale napoleonico del 1806 che mirava solamente alla venerazione e al riconoscimento dell’autorità imperiale. Dopo la crisi dell’impero napoleonico ripresero con vivacità le missioni popolari, le opere di carità, l’educazione dei giovani. Si optò, per così dire, per il sicuro, ritornando ai vecchi metodi catechetici. In questi anni però si cominciano a sviluppare idee interessanti come quelle di Johann Michael Sailer (Aresing 1751 – Ratisbona 1832) che sostenne una visione cristocentrica della pastorale, di Bernhard Galura (Herbolzheim 1764 – Bressanone 1856) che poneva il centro della catechesi nel regno di Dio. Il movimento parigino di Saint-Sulpice rifondato da Jacques-André Emery (1732-1811) che pose l’attenzione sulla catechesi parrocchiale fondandola sul principio che il catechista è un pastore e i fanciulli agnelli del gregge. Di conseguenza il catechismo diventa un mezzo per la formazione cristiana. A Saint-Sulpice il catechismo venne imparato e ripetuto insieme al vangelo, accompagnando il tutto con preghiere e canti. Arriviamo finalmente al concilio Vaticano I (8 dicembre 1869 – 18 luglio 1870) che avvertì la forte necessità di un catechismo unico, votandone lo schema il 4 maggio del 1870, ma mai promulgato a causa della chiusura anticipata del suddetto concilio.

3 – Il movimento catechistico prima del Concilio Vaticano II. Accenni.
Il movimento catechistico del XX secolo è stato nella sua formazione e strutturazione molto complesso. Possiamo dire prima di tutto che nacque dopo il concilio Vaticano I, dall’approfondimento del discorso sulla catechesi e specialmente dei suoi metodo e dei suoi compiti. Può essere diviso in tre fasi progressive: il movimento kerigmatico, quello antropologico e la catechesi profetica (L.Meddi, Catechesi, proposta e formazione della vita cristiana, Padova 2004). Il movimento Kerigmatico nacque negli anni trenta del ‘900 per impulso di Josef Andreas Jungmann (Campo Tures 1889 – Innsbruck 1975) e trovò il suo apice nel catechismo cattolico tedesco del 1955 e la culla nell’ambito della teologia kerigmatica. Il movimento antropologico invece portò all’estensione del ministero della parola da un lato, mentre dall’altro puntò sul rapporto tra le situazioni vitali dei destinatari della catechesi e il messaggio biblico. Quest’ultimo punto è di decisiva importanza perché segna il punto di contatto e d’incontro tra la Sacra Scrittura e l’uomo contemporaneo, in tutte le sue realtà e in tutti i suoi problemi, portando alla luce le domande e le questioni fondamentali sull’esistenza. La catechesi profetica, o meglio liberatrice, nasce ponendo la catechesi sul piano sociale, che poi diventa anche politico, nell’ambito della necessità liberatrice tipica della realtà sudamericana. Questo in parole povere, forse troppo sintetiche, è il movimento catechistico del XX secolo, che ha preparato sostanzialmente il Concilio Vaticano II, ma che poi è proseguito anche dopo gli anni sessanta. Un impulso decisivo a questo movimento lo hanno dato anche gli interventi magisteriali, che nella fase appena pre-conciliare, ma soprattutto in quella postconciliare sono stati molti e decisivi. Tutto ciò ha condotto alla stesura dei vari Direttori catechistici nazionali, tra i quali ricordiamo quello italiano (1971 in prima edizione, 1997 in seconda edizione). Analizziamo ora l’apporto ministeriale sulla catechesi prima del concilio Vaticano II. Negli anni che vanno dalla fine dell’ottocento ai primissimi anni del novecento ci si accorge della poca presenza di cultura religiosa, quindi si cerca di insistere sulla necessità di fare catechesi. Ciò si ridusse solamente nella necessità didattica dell’assimilazione delle regole dottrinali e morali cristiane. D’altra parte si deve riconoscere, considerata le situazioni ed il periodo storico, forse questa era la migliore forma di catechesi applicabile all’epoca. In quest’ambiente nasce il catechismo di Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, Riese 1835 – Roma 1914), che già nell’enciclica Acerbo nimis del 15 aprile 1905, lamentava l’ignoranza dei cattolici circa le cose di Dio. A queste preoccupazioni del papa fece seguito la pubblicazione del Compendio della dottrina cristiana utilizzato per la sola diocesi di Roma. Ha la caratteristica di essere strutturato in domande brevi con relativa risposta. Il testo fu successivamente adottato in tutta Italia il 18 ottobre 1912 ed intitolato Catechismo della dottrina cristiana. Anche Pio XI (Achille Ambrogio Damiano Ratti, Desio 1857 – Città del Vaticano 1939) prestò attenzione al discorso catechetico. Istituì l’ufficio catechistico centrale (29 giugno 1923) presso la Sacra Congregazione per il Concilio (sorta per la corretta interpretazione dei canoni del concilio di Trento il 2 agosto 1564 e soppressa solo il 31 dicembre 1967 da papa Paolo VI nell’ambito della riforma della curia romana. Essa col tempo assunse il compito di vigilare sul clero secolare tant’è che più che di soppressione si può parlare di ri-nominazione in Congregazione per il Clero). Ci si preoccupava di attuare in modo corretto i canoni dell’istruzione catechistica e poi di controllare che i contenuti del decreto Provido sane del 12 gennaio 1935, che può essere a tutti gli effetti definito come un vero e proprio regolamento del catechismo, fossero correttamente applicati. Pio XI fu molto attento alla forma di spiegazione del catechismo che doveva essere fatta nel modo pedagogico scolastico e sottolineò anche la necessità e l’importanza dell’educazione cattolica nelle scuole, che doveva mirare non solo alla mera acquisizione della dottrina cristiana, ma anche incidere nel vissuto dei catechizzati (enciclica Divini illius Magistri del 31 dicembre 1929). Con Pio XII (Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli, Roma 1876 – Castel Gandolfo 1958) arriviamo finalmente alla soglia del Concilio Vaticano II. I suoi interventi sulla catechesi non si trovano direttamente in uno o più documenti a ciò diretti, ma si possono ricavare dai suoi discorsi. Il primo segno distintivo da notare è che il papa raccomandò l’esposizione cristocentrica per i contenuti di fede e di morale ed ecclesiocentrica per quello che riguardava la parte sacramentale. Cercò più volte di incoraggiare gli operatori pastorali affinché si interessassero dell’insegnamento religioso, visto che considerava l’ignoranza religiosa un grave e diffuso problema. Detto ciò il papa era cosciente che l’indottrinamento da solo non bastava per uscire dalla crisi dell’ignoranza religiosa, me era necessaria la riscoperta del connubio tra religione e vita vissuta.