Da più di tre anni il coordinamento diocesano per le confraternite sta lavorando ad una ipotesi di Statuto diocesano delle confraternite. Ormai si è in dirittura d’arrivo. Essendo un testo non solo pastorale ma anche legislativo, interesserà e coinvolgerà tutte le confraternite della diocesi. A suo tempo cercheremo di spiegarne gli intenti, i punti di forza, i tempi e le modalità di ricezione da parte delle singole confraternite, la promozione della doverosa fedeltà alle proprie origini, la spinta al necessario rinnovamento.
Nel frattempo, è utile e doveroso proporre una serie di riflessioni sull’identità delle confraternite; sulle motivazioni per cui sono nate e possono continuare ad esistere; sul perché hanno ancora diritto di cittadinanza dentro il tessuto ecclesiale e sul come e a qual fine devono operare.
Quanto viene proposto non è frutto di riflessioni estemporanee e arbitrarie, ma desunto dagli statuti stessi delle confraternite che, almeno negli obiettivi che si prefiggono sono tutte accomunate. Quindi quanto detto di seguito non farà altro che portare alla luce, rinfrescare alla memoria le motivazioni di fondo che hanno portato alla costituzione delle confraternite, tutte, nessuna esclusa. La riflessione proposta è offerta per riappropriarsi delle proprie origini e della propria ragion d’essere.
Se pur attraverso queste righe mi rivolgo in prima istanza ai membri delle confraternite, d’altro canto la riflessione proposta può interessare e far bene a tutti, non solo per conoscere meglio cosa sia una confraternita, il suo “perché e per come”, ma anche per cogliere l’essenza della spiritualità laicale che ogni battezzato deve perseguire con impegno.
Procederò per punti:
La santità
Lo statuto di ogni confraternita, proprio nei primi articoli, descrive quali siano gli scopi che la confraternita si prefigge. Sempre, al primo posto troviamo l’espressione: “La santificazione dei suoi membri”.
Viene dunque affermato, a scanso di equivoci, che la finalità principale è quella che ciascun confratello si impegni a diventare santo. Questa parola, un po’ spaventa, la si sente lontana, poco attinente alla vita dei comuni mortali, e con fin troppa facilità la si mette sbrigativamente da parte, fino a dimenticarla del tutto.
Con parole forse meno auliche, ma non meno esigenti possiamo dire che la motivazione per cui qualcuno entra a far parte di una confraternita è il desiderio di vivere il vangelo in maniera autentica, in pienezza, senza sconti, o secondo una espressione di san Giovanni Paolo II, di vivere la misura alta del Vangelo: la santità appunto!
Come possiamo oggi parlare della santità affinché sia una parola e una realtà che riprenda a riscuotere interesse tra il popolo cristiano e nello specifico nei membri delle nostre confraternite?
Cerco di dirlo con parole semplici e con concetti “domestici” cioè di casa. Procederemo con gradualità cercando di enucleare diverse sfumature della santità.
Anzitutto il santo è uno che aspira ad orizzonti più vasti
Ci sono uomini che si accontentano del proprio piccolo mondo ristretto, che vivono tutta una vita dentro i propri recinti, che non varcano mai i confini, che non guardano mai oltre, che forse non pensano neppure ci sia un mondo fuori dagli spazi noti. Ci sono invece uomini che aspirano oltre, che desiderano altro: di scavalcare recinti, oltrepassare confini, fare salti di qualità, pensare alla grande, vivere al massimo, aspirare al cielo.
Sono uomini capaci di sollevare lo sguardo, custodiscono il desiderio di spiccare il volo, di essere cittadini del mondo, dell’universo, del cielo. Non desiderano niente di meno: senza questa vastità si sentirebbero mancare l’aria. Sanno di essere stati creati per fare “grandi cose”, o meglio per permettere a Dio di fare grandi cose in loro e per mezzo di loro.
Non li soddisfano i menù fissi, preferiscono quelli alla carta, non passano la vita a fotocopiare quella degli altri, ma aspirano a qualcosa di unico e originale (Cfr.: B. Carlo Acutis).
Sono persone che accettano ogni sfida e non si dichiarano perdenti ancor prima di cominciare. Non si accontentano di navigare sotto costa, ma preferiscono andare al largo. Coltivano sogni e ideali grandi, non piccole meschinità per restare ripiegati su se stessi. Se fossero sportivi sarebbero sempre sul trampolino, non si accontenterebbero del salto in alto ma preferirebbero il salto con l’asta, tra il bimotore e il parapendio sceglierebbero quest’ultimo. Se fossero ballerini, ai lenti preferirebbero il tango, se musicisti sarebbero amanti del rock, se circensi farebbero gli acrobati. Questi i santi!
Persone con la mente aperta, con il cuore grande, con le mani operose. Gente che non si lascia convincere da ragionamenti sclerotici; che invece di creare problemi, trova soluzioni; che sa far spazio a tutti e non ruba diritti a nessuno; che non sta a guardare ma si getta nella mischia; che si sporca le mani. Chi entra in una confraternita vuole vivere così. E così sia!
Padre Mariano Pappalardo, direttore Ufficio Diocesano Evangelizzazione e Catechesi