Fede & Arte

Introduzione

Con una serie di video su alcune opere d’arte presenti nel nostro territorio diocesano, l’ufficio Catechistico di Rieti, vuole allacciarsi al progetto nazionale che impegna diversi Uffici CEI tra i quali ricordiamo quello di Evangelizzazione e Catechesi, dei Beni Culturali Ecclesiastici, Liturgico e Tempo Libero-Turismo e Sport. In coincidenza al Convegno Nazionale di Firenze si darà vita ad un sito capace di raccogliere e concretizzare l’invito contenuto nella Evangeli Gaudium: “È auspicabile che ogni chiesa particolare promuova l’uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice, in continuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmettere la fede in un nuovo linguaggio parabolico” (EG n.167). Il progetto CEI, vuole essere uno strumento di consultazione e interazione online rivolto a catechisti, insegnanti, animatori, guide turistiche, volontari ecc. al fine di valorizzare in chiave pastorale ed educativa le innumerevoli testimonianze di arte cristiana presenti nel nostro paese. Il documento CEI Incontriamo Gesù ricorda al n. 43: “Uno strumento particolarmente efficace per il primo annuncio (e per la catechesi) si rivela la valorizzazione del patrimonio artistico ecclesiale, dalle opere più sublimi alle espressioni di arte religiosa popolare”. Questa è, afferma il documento la “via della bellezza” nella quale possiamo trovare un grande veicolo di annuncio e approfondimento della dottrina cristiana. Questa “via della bellezza” passa anche per la nostra Diocesi, il nostro desiderio è farla conoscere perché ciascuno di noi e tutto coloro che ne avranno visione possano arricchirsi del grande messaggio di fede che i nostri padri ci hanno lasciato e del quale oggi siamo noi i custodi. Il grande affresco quattrocentesco del maestro reatino Liberato Di Benedetto di Cola Rainaldo. L’opera, rappresentante la Crocifissione (5mX10m) si trova nel transetto destro della Basilica di S. Agostino a Rieti, ma in origine era nell’aula capitolare dell’ex Convento Agostiniano oggi sede scolastica.

 

Affresco della Crocifissione del Maestro Liberato di Benedetto di Cola Rainaldo – Basilica di sant’Agostino, Rieti

Collocazione attuale
L’affresco della crocifissione si trova attualmente nel transetto destro della Basilica di Sant’Agostino, accanto all’altare di Santa Rita. L’opera si trovava in origine nella sala capitolare dell’ex convento degli agostiniani. Poi ricollocata nell’attuale basilica negli anni settanta. Secondo una tradizione assai diffusa fra le comunità degli ordini mendicanti, il tema iconografico dell’Ultima Cena e della Crocifissione costituiva un importante oggetto di riflessione per i confratelli nelle aule capitolari e nei refettori erano chiamati a svolgere la loro vita in comunità e in armonia d’intenti. Il convento degli agostiniani si arricchisce di quest’opera intorno alla metà del XV secolo, conferendo l’incarico al pittore reatino Liberato Di Benedetto.

Descrizione dell’opera
L’opera più grande del pittore reatino sono 5 m di altezza per 10 di larghezza, è definita da un’elegante cornice geometrica che racchiude la narrazione della crocifissione nel suo insieme e nei particolari su cui l’occhio dell’osservatore si può fermare. Al centro il crocifisso, ai lati i due ladroni. In basso la folla e i vari personaggi della passione. Maria svenuta ai piedi della croce sorretta dalle altre pie donne, dalla parte opposta San Giovanni che contempla la scena e osserva in atteggiamento meditativo tutto ciò che accade. In secondo piano il soldato Longino che si accerta della morte di Gesù colpendo il fianco con una lancia. Un personaggio, rappresentante la Chiesa, tiene in mano il vessillo rosso con le chiavi del Regno dei cieli e si appresta a raccogliere con un calice il sangue e l’acqua che scaturiscono dal fianco del Signore. Verso sinistra Giuseppe D’Arimatea va da Pilato a chiedere il corpo di Gesù. Il procuratore è seduto sul suo trono e ha alle spalle la corte dei nobili e dei soldati. Sullo sfondo le torri e i palazzi di Gerusalemme. Al margine destro del dipinto, è rappresentata la lotta tra un gruppo di Angeli e il diavolo che viene incatenato perché sconfitto dalla morte del Signore.

Catechesi
L’opera di Liberato Di Benedetto si trovava nella sala del Capitolo dell’antico convento agostiniano. Questa, di solito situata a nord del chiostro, è il luogo più importante del monastero dopo la chiesa. Qui i frati si radunavano ogni giorno per ascoltare la lettura di un capitolo della Regola (da ciò il nome di Sala del Capitolo). Terminata la lettura del Capitolo della Regola, il superiore spesso commentava ciò che si era letto, attualizzandone il messaggio affinché i fratelli ne colgano il valore permanente.

Analizziamo ora i vari personaggi dell’opera, cominciando dal Cristo. Non possiamo vedere i particolari ma possiamo intuire la solenne fermezza e tranquillità di questa morte. Davvero egli è l’agnello mansueto che non aprì la sua bocca (canto del Servo. Isaia). Gesù compie fino in fondo la volontà del Padre donandosi fino all’ultimo per amore dell’uomo. Stando davanti a questa compostezza e signorilità della morte, anche noi, osservando possiamo dire insieme al centurione: “davvero quest’uomo era figlio di Dio” (Mc 15,39)

Ci sono modalità diverse di porsi davanti al mistero della sofferenza e della passione di Cristo. C’è l’apostolo Giovanni che esprime l’atteggiamento di colui che ha il pensiero assorbito nel cuore da ciò che vede. È il discepolo che la sera prima ha appoggiato il capo sul cuore del Signore , ha sentito il battito dell’amore di Dio che si donava e amava fino all’ultimo i suoi discepoli. La Madre di Dio, svenuta dal dolore e sorretta dalle altre donne, sembra quasi voler ripetere nella postura del suo corpo, l’immagine del crocifisso, essa richiama la dottrina dei Padri che nelle sofferenze l’uomo o soccombe alla tentazione o diviene cristo forme. Il dolore è come un crogiuolo: può rendere la purezza del metallo, ma può anche ridurre tutto a scoria.

La Madre di Dio è l’immagine del discepolo che passa attraverso il crogiuolo della sofferenza e ne viene purificato e rafforzato nella fede.

Guardando quest’opera siamo chiamati ad immedesimarci in quel personaggio che sotto la croce vuole raccogliere nel suo calice il sangue e l’acqua del costato di Cristo, siamo noi, la Chiesa che raccoglie la testimonianza dell’amore e la porta nel mondo grazie alla vittoria della croce.

Il video
Segue il video dell’illustrazione artistico-catechetica dell’affresco a cura di don Marco Tarquini, parroco della basilica si sant’Agostino in Rieti.

Chiesa di Santa Maria Extra Moenia, Antrodoco

Il Battistero
Il Battistero che sorge davanti alla Chiesa di S. Maria extra moenia di Antrodoco, è un semplice edificio a pianta esagonale, con un portale molto semplice e un lanternino cilindrico e un portale cinquecentesco chiuso da cornici sagomate. Questo edificio secondo alcuni storici risale all’epoca paleocristiana, la sua struttura infatti ricorda quella dei battisteri del V secolo.
L’interno è riccamente decorato da affreschi risalenti al secolo XV.Le storie di San Giovanni Battista
Sulla parete a sinistra di chi entra è rappresentata la vita di S. Giovanni Battista e precisamente: la nascita del Santo, Zaccaria che scrive il nome da imporre al neonato, l’incontro del Santo con Gesù, il Battesimo di Gesù, la decollazione del Santo, Erodiade e Salomè che presentano ad Erode la testa del Battista.Lettura catechetica delle storie di S. Giovanni Battista
Le storie di San Giovanni battista hanno un importante significato teologico-catechetico all’interno di un edificio particolare come il Battistero. Il Battesimo di penitenza dato da Giovanni che annuncia gli ultimi tempi è figura infatti del Battesimo dello Spirito. Questo luogo vedeva la nascita dei nuovi cristiani che dopo il Battesimo ricevuto iniziavano la sequela di Cristo come nuovi discepoli.
Il Battesimo è chiamato “lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito” (Tt 3,5), nascita dall’acqua e dallo Spirito, senza la quale nessuno “può entrare nel regno di Dio” (Gv 3,5). E’ chiamato anche illuminazione, perché coloro che lo ricevono “vengono illuminati nella mente” (S. Giustino, Apologia, I,61,12: PG 6,344).
“Il Battesimo – secondo san Gregorio Nazianzeno – è il più bello e meraviglioso dei doni di Dio… Lo chiamiamo… dono, poiché è dato a coloro che non portano nulla; grazia, perché viene elargito anche ai colpevoli; battesimo, perché il peccato viene seppellito nell’acqua; unzione, perché è sacro e regale (tali sono coloro che vengono unti); illuminazione, perché è luce sfolgorante; veste, perché copre la nostra vergogna; lavacro, perché ci lava; sigillo, perché ci custodisce ed è segno della signoria di Dio” (Discorsi, 40,3-4: PG 36, 361C).
I nuovi battezzati sono, come dice sant’Agostino, “nuova prole della Chiesa; grazia del Padre, fecondità della Madre, pio germoglio, sciame novello, fiore del nostro cuore … mio gaudio e mia corona” (Discorsi, VIII, 1,4: PL 46, 838).
Per questo davanti ai loro occhi si è voluta rappresentare la vita di colui che del Cristo fu il precursore, che lo indicò presente nel mondo come l’Agnello, venuto a prenderne su di se il peccato e che invitò i suoi discepoli a seguirlo. Giovanni infine anticiperà anche il sacrificio cruento del Signore donando la sua vita per amore della verità delle Scritture di cui egli era l’ultimo grande profeta.
Giovanni Battista è figura del discepolo. Anche noi infatti siamo chiamati con la nostra vita a preparare la strada al Signore, ad indicarlo presente nel mondo e a dare la nostra testimonianza nel dono totale della nostra vita per amore di Cristo e del suo vangelo.
Le storie del Santo iniziano con la rappresentazione della sua nascita. S. Elisabetta giacente sul talamo sotto un portico, contempla il bambino in fasce tenuto in braccio da Maria Madre di Gesù. Il Vangelo di Luca ci racconta che Maria si era recata da Elisabetta per assisterla negli ultimi mesi di gravidanza. Sotto l’ultima arcata è presente S. Zaccaria avvolto in un mantello ocra scrive il nome di Giovanni su una tavoletta. In questo affresco sono presenti Elisabetta, Zaccaria e Giovanni, i loro stessi nomi suggeriscono il significato della scena: Zaccaria, “Dio si è ricordato”, Giovanni, Dio ci ha mostrato il suo favore, Elisabetta, “Dio ha giurato”, tutti costoro ci fanno ricordare personaggi e avvenimenti della storia della salvezza, la scena è allora una sintesi delle speranze dell’Antico Testamento, in quel giorno come nel passato il popolo di Dio attendeva con intenso desiderio la salvezza promessa dall’Onnipotente. Sarà proprio Giovanni ad indicarla presente nel mondo.
Giovanni indica Gesù come l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Il Precursore si muove incontro a Gesù tenendo nella sinistra un lungo cartiglio e l’indice destro alzato verso il redentore. Davanti a Lui, Giovanni da la sua ultima testimonianza accettando di diminuire perché la Luce possa crescere. Gesù è lo sposo annunciato dai profeti che viene a realizzare l’unione di Dio con gli uomini. Gesù viene indicato da Giovanni come “Agnello di Dio” espressione che nella lingua aramaica può avere un duplice significato quello di agnello e quello di servo. Egli è il servo del Signore di cui parla il profeta Isaia, è l’agnello pasquale che col suo sangue salva gli israeliti dall’angelo distruttore. In questa espressione è riassunta tutta la testimonianza di Giovanni. Dietro Giovanni è una foresta rigogliosa che richiama Lc 3,9: “Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non da buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco”. In quella foresta possiamo vedere un richiamo ai futuri discepoli di Cristo e alla necessità di portare frutti di santità nella vita quotidiana.
Nella successiva storia sottostante la prima fascia è rappresentata la scena del Battesimo di Gesù. Il Cristo occupa come ovvio il centro della scena, nudo, come è nudo l’uomo alla nascita, e di una rinascita si parla. Con le mani giunte in segno di preghiera mentre sul suo capo scende lo Spirito Santo in forma di colomba e un cartiglio richiama la voce del Padre: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. Sulla riva Giovanni il precursore è nell’atto di far scendere l’acqua sul capo del Cristo mentre poggia la sua mano sulla spalla destra del Signore. Al lato opposto angeli che assistono in preghiera alla seconda epifania del Figlio di Dio all’umanità. Gesù è immerso nelle acque e mettendo le gambe a forma di croce, le acque rappresentano la morte nella quale Cristo si immerge e la sconfigge col sacrificio della croce.
Segue la decollazione del Santo che avviene sulla soglia della sala conviviale di Erode. Da un lato il corpo di Giovanni Battista che già decapitato rimane in ginocchio in atteggiamento di preghiera, la sua testa è raccolta in un vassoio dorato e presentata poi ad un Erode attonito da Erodiade e Salomè. L’atteggiamento del corpo di Giovanni ci fa riflettere sulla sua incrollabile fermezza nella fede. Il suo impressionante silenzio e la sua fedeltà fino alla fine richiamano la morte del Signore Gesù e la testimonianza che ognuno di noi è chiamato a dare. Davanti all’indifferenza e alla corruzione di un re e della sua corte Giovanni diventa un segno indelebile della fermezza della Parola di Dio che neanche la tragicità della morte può mettere a tacere.

Il Giudizio Universale
Sopra la porta d’ingresso del Battistero è rappresentato il Giudizio Universale. Al centro il Cristo glorioso che siede su un arco luminoso immerso in una mandorla purpurea, richiamo alla sua passione. Mostra con forza le ferite della croce, e il Cristo morto e risorto. Accanto a Lui la Vergine Maria e San Giuvanni Battista in atteggiamento di supplica sono affiancati dai dodici apostoli. Sotto i piedi del Cristo, San Michele Arcangelo pesa le anime nel giudizio particolare. Accanto a lui la figura dell’Angelo Custode che ancora un’ultima volta intercede le anime dei suoi custoditi. A destra dell’Arcangelo Michele la Celeste Gerusalemme, la Città del Cielo che è nostra Madre. A sinistra la porta dell’Inferno attraversata da un demone. Al centro dell’inferno c’è Lucifero seduto su un trono attorniato da serpenti e demoni che suppliziano le anime dei dannati. Questa scena veniva contemplata dai Battezzati all’uscita del Battistero, quasi a voler dire loro che il Battesimo appena ricevuto gli dava già in eredità la vita eterna, che però ogni giorno della loro vita dovevano combattere per non lasciarsela rubare dal maligno.

L’Abside della Chiesa di S. Maria
La Chiesa di S. Maria extra moenia, ha la semplice e severa struttura architettonica delle chiese romaniche, divisa in tre navate da colonne circolari, con tetto a capriata, presenta al suo interno alcuni affreschi devozionali. Interessante è l’affresco che in origine copriva l’intera parete absidale, oggi ne rimangono integre alcune parti.
L’abside è un luogo particolare dell’edificio sacro, rappresenta il cielo, il regno promesso dove il Signore risorto regna e ci attende. Per questo era nelle chiese antiche il luogo della Sede del presbitero che presiedeva le liturgie o della Cattedra del Vescovo, punto focale verso il quale i fedeli erano orientati durante la Liturgia. L’abside di S. Maria richiama queste importanti simbologie: al centro, in alto il Cristo Pantocratore, è il risorto che regna glorioso sull’Universo, intorno a Lui varie figure di Angeli che adorano Gesù che mostra le sue Piaghe Gloriose; In basso si riconoscono alcune figure di Santi, sicuramente gli Apostoli in atteggiamento di preghiera, rivolti verso il Cristo; Segue poi una seconda fascia pittorica, sono dei medaglioni raffiguranti i Padri della Chiesa, Vescovi e Papi che raccogliendo la testimonianza degli Apostoli hanno saputo definire le verità della fede; L’ultima fascia pittorica presenta figure di animali, pesci e uccelli, richiama la creazione che insieme ai Santi viene redenta e ricapitolata nel Cristo risorto.

Il video
Segue il video dell’illustrazione artistico-catechetica a cura di don Marco Tarquini, parroco della basilica si sant’Agostino in Rieti.

Santuario dell’Icona Passatora, Amatrice

Tra le alte vette dei monti della Laga, alla fine di un sentiero che attraversa boschi e pascoli montani si trova il piccolo Santuario dell’Icona Passatora. Uno scrigno che nasconde nei suoi affreschi quattrocenteschi, un tesoro d’arte di raffinata bellezza e maestria.

La Chiesa fu eretta intorno al 1480 per inglobare un’antica edicola in pietra che si trovava in un luogo di passaggio per viandanti e i pastori, da qui il nome “Icona Passatora”. L’edicola in pietra, ancora oggi ben visibile, custodisce l’immagine miracolosa di una Madonna che allatta il bambino Gesù, secondo alcuni storici dell’arte risalente agli inizi del trecento. È un tema iconografico, quello della Madonna allattante, risalente ad una tradizione trasmessaci dai vangeli apocrifi. Si racconta infatti che la Santa Vergine in fuga con Giuseppe e il Bambino per non farsi trovare dai soldati di Erode, prima di lasciare Betlemme si nascose in una grotta perché il bambino Gesù piangeva per la fame. La Vergine Maria allora si mise ad allattarlo ma San Giuseppe capendo che si doveva fuggire in fretta, prese la Madonna e il Bambino e qualche goccia del suo latte cadde su una pietra che divenne per miracolo lattiginosa e taumaturga. Ancora oggi a Betlemme si trova la chiesa sulla “grotta del latte”.

L’icona della Vergine che allatta fu ritenuta miracolosa per le tante grazie che i devoti ad essa ottenerono e per questo si decise di costruire un piccolo santuario intorno ad essa. Il terreno dove fu costruita la Chiesa, era di proprietà del Laterano, come ricordato da un affresco nella parete sinistra dell’edificio.

L’icona Passatora si trova all’interno di un’edicola in pietra scolpita attorno alla quale si ammira l’abside riccamente affrescata da Dionisio Francesco Cappelli. In alto l’Incoronazione della Vergine tra gli angeli festanti, ai lati la Crocifissione del Cristo e l’adorazione dei Magi. Queste ultime scene sono chiuse in basso da rappresentazioni ex voto di grazie fatte dalla Vergine Maria. La volta dell’abside divisa in quattro vele riposta i quattro padri della Chiesa occidentale: Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, San Girolamo e San Gregorio Magno Papa.

Nella parete destra possiamo contemplare una pregevole Vergine Annunziata della scuola del Crivelli. Carlo Crivelli è stato un pittore affermato della seconda metà del quattrocento. Di origini veneziane, si forma a Padova per poi operare nelle Marche meridionali. Le sue rappresentazioni sono tipiche per l’uso di elementi simbolico allegorici. Accanto alla Madonna Annunziata altre rappresentazioni della Santa Vergine e di Santi. Ricorrente la figura di S. Antonio Abate, essendo il Santuario in un luogo di allevamento e agricoltura. Interessante è l’affresco del Cristo porta croce. Gesù è rappresentato in piedi appoggiato alla Croce mentre versa il sangue di una piaga alla mano in un calice dorato. Sullo sfondo sono riconoscibili gli attrezzi usati in vari lavori. Il messaggio dell’affresco è chiaro: si vuole richiamare l’importanza dell’Eucaristia domenicale come appuntamento d’incontro col Sacrificio del Redentore cessando ogni lavoro.

La parete sinistra del Santuario si apre con una pregevole Madonna in trono con bambino, recante in mano una città. Non possiamo dire con precisione di quale città si tratti, forse Amatrice o una città ideale, è comunque un immagine interessante e tipica dell’epoca perché vuol farci capire come Maria non sia solo la protettrice di coloro che nella fede la pregano ma anche dell’intera società civile rappresentata nella città. La fede non è mai stata pensata come un qualcosa di estraneo alla vita sociale.
Vale la pena visitare questo tesoro del nostro territorio Diocesano per renderci conto di quanto i nostri padri ci hanno donato con amore e sacrificio e conoscerlo vuol dire non solo conservarlo ma saperlo trasmettere alle nuove generazioni.

Il video
Segue il video dell’illustrazione artistico-catechetica a cura di don Marco Tarquini, parroco della basilica si sant’Agostino in Rieti.