Nel nostro percorso finalizzato ad una rinnovata comprensione della realtà delle nostre confraternite, dobbiamo ora prendere in esame ciò che negli statuti dei nostri pii sodalizi, dopo la santificazione dei membri, viene enunciato come secondo scopo per il quale una confraternita viene posta in essere:
LA PROMOZIONE DEL CULTO PUBBLICO DELLA CHIESA
Di cosa si tratta?
Il culto pubblico della Chiesa, cioè l’espressione orante della comunità cristiana vissuta in maniera corale, comunitaria, visibile, sotto gli occhi di tutti, ha due scopi: la lode a Dio, e la santificazione dei fedeli.
Si manifesta in due modalità diverse e complementari: la preghiera liturgica e la pietà popolare.
• La preghiera liturgica è la preghiera ufficiale della Chiesa che si esprime nella celebrazione dei sacramenti e in modo particolare dell’Eucaristia; nella celebrazione della Parola e nella liturgia delle ore.
• Della pietà popolare fanno parte tutte quelle forme devozionali che si sono formate nel tempo e che sono molto care al popolo di Dio quali ad esempio il S. Rosario, la via Crucis, le sacre rappresentazioni, le processioni, i pellegrinaggi, ecc.
I membri delle confraternite sono chiamati, a ragione degli statuti che regolano la loro vita, a prendere parte e a farsi promotori presso il popolo cristiano della vita orante della comunità cristiana sotto la guida di coloro che il Signore ha posto nella comunità come pastori.
Proviamo a fare chiarezza in questa materia tanto delicata, quanto complessa.
1. La preghiera liturgica
La liturgia è il tempo, il luogo, le azione, i gesti, le parole attraverso i quali Dio si rende presente in mezzo al suo popolo. Lo Spirito Santo e il Signore Gesù unico ed eterno sacerdote, agiscono con efficacia durante la celebrazione liturgica affinché tutti i membri del popolo di Dio possano aver parte alla salvezza che Dio ha realizzato nell’arco di tutta la storia e in modo particolare nel mistero pasquale. L’amore pasquale di Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza, è la visibilità dell’amore del Padre. Gesù lo ha dimostrato una volta per sempre sulla croce in cui ha realizzando la massima espressione di tutta la sua vita vissuta a servizio del bene dell’uomo. Tutto ciò si rende presente in modo reale ed efficace nella celebrazione dell’eucaristia che del mistero pasquale è memoriale, cioè ripresentazione viva ed efficace durante la quale il Signore ci dona la grazia che ci rende nuove creature. In essa i fedeli annunciano la morte del Signore, proclamano la sua resurrezione, nell’attesa del suo ritorno glorioso. Professano la propria fede nella Ss. Trinità e conformano la propria vita alla comunione trinitaria. Rivivono i misteri di Cristo e ad essi configurano il proprio cammino di discepolato.
Tutto questo si realizza, come abbiamo detto, in modo eminente nella celebrazione eucaristica. Da essa derivano tutti gli altri sacramenti finalizzati a santificare i momenti importanti della vita: nascere, crescere, morire; legarsi in una relazione d’amore, sperimentare la sofferenza e la malattia, impegnarsi in un cammino di conversione; sancire la scelta del ministero ecclesiale. Il Signore ci accompagna con la sua grazia nei momenti “sensibili” della nostra vita, conformandoci al Figlio suo. Questo è il dono più bello che riceviamo da Dio durante l’azione liturgica. In essa il Signore ci incontra nel profondo, ci trasforma, e ogni volta realizza realmente qualcosa di nuovo nella nostra vita.
Anche nella liturgia delle ore si realizza quanto detto, e lo scandire del nostro tempo, dall’alba al tramonto viene santificato dalla grazia di Dio e ogni fedele ha la possibilità di rivolgere al Padre la sua preghiera nelle diverse ore del giorno.
L’azione liturgica è celebrazione di tutta la comunità ecclesiale presieduta dal ministro ordinato, vescovo, presbitero o diacono o anche in casi particolari e solo per alcune celebrazione da un fedele laico.
1. Le espressioni della pietà popolare
Oltre alle celebrazioni liturgiche, il popolo di Dio ha manifestato e continua a manifestare la propria fede attraverso altre forme di preghiera che esprimono sentimenti di devozione, di amore, di affidamento fiducioso al Signore Gesù, a Maria sua Madre, agli angeli e ai santi.In esse i misteri di Cristo non accadono, non si rendono presenti con tutta la loro efficacia salvifica, prerogativa esclusiva della liturgia, ma i fedeli vi trovano una modalità attraverso la quale prepararsi a ricevere la grazia santificante e predisporre l’animo a far fruttificare ogni dono di grazia. In esse il popolo di Dio può esprimere i propri sentimenti spirituali con maggior libertà di parole e di gesti. In esse c’è un afflato orante spesso espresso in “dialetto”, in modo semplice e immediato, dove l’intreccio tra il divino e la realtà quotidiana sembra realizzarsi in modo più stretto. Le forme di pietà popolare rispondono a dei bisogni tipici dell’uomo: il bisogno di protezione; il desiderio di vedere con gli occhi della carne di toccare con le proprie mani; il bisogno di espiare attraverso pratiche penitenziali.
Queste forme possono essere vissute individualmente o in gruppo con maggiore libertà, non è necessaria la presenza del ministro ordinato, anche se in genere essi, non mancano mai di accompagnare e guidare la comunità credente in queste espressioni più popolari della fede.
Le forme della pietà popolare non sono però esenti da rischi e pericoli. Alcune modalità infatti possono addirittura rasentare il paganesimo e mettere in liquidazione la genuina fede cristiana e la purezza evangelica.
Per questa ragione la pietà popolare non cessa mai di aver bisogno di essere continuamente evangelizzata per sfuggire a derive superstiziose e ad una sorta di pratiche quasi magiche.
Che differenza c’è tra la preghiera liturgica e la preghiera devozionale?
Nella preghiera liturgica i misteri che si celebrano accadono, avvengono, si rendo efficacemente presenti; nella preghiera devozionale i misteri si meditano, si considerano, si contemplano.
Qualche esempio ci aiuterà a comprendere meglio la differenza.
Tra la liturgia e le pratiche devozionali c’è la stessa differenza che esista tra leggere un bel libro di cucina con tante allettanti ricette (pratiche devozionali) e gustare una succulenta ricetta ben preparata (celebrazione liturgica).
Cose buone entrambi, ma molto meglio la seconda.
Esiste la stessa differenza che esiste tra il leggere il bel libro sull’amore pratiche devozionali), e il vivere una profonda e appagante relazione d’amore (celebrazione liturgica).
Cose buone entrambe, ma molto meglio la seconda.
I membri delle confraternite, se da una parte sono chiamati a comprendere sempre meglio la liturgia e a vivere da protagonisti le celebrazioni liturgiche, partecipandovi con assiduità; dall’altra dovranno avere l’attenzione di purificare le forme di pietà popolare che hanno ricevuto dalla tradizione perché siano sempre più e sempre meglio espressioni limpide della vera fede.
In questo devono lasciarsi ispirare da coloro che guidano la comunità cristiana in nome e per conto del Signore.
Certe chiusure accanite, certe prese di posizione senza possibilità di appello, certe esagerazioni e tutte quelle forme che non sono più espressione di fede autentica, vanno evitate. Tutti i confratelli devono aprire mente e cuore per evitare di arroccarsi nella difesa di ritualità non più eloquenti per gli uomini del nostro tempo, che spesso esprimono solo folclore ma non sanno mediare l’incontro con il Signore Gesù.
Promuovere il culto pubblico della Chiesa, richiede che le confraternite cammino con il passo della Chiesa, si lascino educare da essa e sappiano intraprendere quel cammino di rinnovamento che la Chiesa si è sempre sforzata di mettere in atto e che dopo il Concilio Vaticano II ha richiesto un impegno più assiduo e consapevole. I membri delle confraternite devono convincersi sempre più che tutte le pie pratiche e le forme di pietà popolare da loro proposte devono condurre i fedeli che vi partecipano ad incontrare Il Signore Gesù nei sacramenti (il sacramento della riconciliazione e l’Eucaristia) e nella Parola di Dio.
Se questo incontro non dovesse avvenire ogni loro attività e proposta sarebbero fallimentari, come scoccare una freccia che non coglie il bersaglio.
Mai si perda di mira ciò che è essenziale e non lo si confonda con ciò che è accessorio. Mai si confonda il mezzo con il fine, il percorso con la meta.
Nel momento in cui qualcuno ha chiesto di essere aggregato ad una confraternita, si è assunto anche questo compito che deve onorare nei fatti.
Ha deciso di vivere così. E così sia!
Padre Mariano Pappalardo, direttore Ufficio diocesano Evangelizzazione e Catechesi