È giunto ormai il tempo in cui il Figlio dell’uomo sarà glorificato. Certo Gesù ha un modo tutto particolare di intendere la propria glorificazione. Non si lascia sedurre dalle effimere manie di grandezza, e non cerca glorie, onori, riconoscimenti umani. Non intende la sua glorificazione come un avanzamento di carriera, e neppure come l’unanime riconoscimento del suo potere, della sua dignità.
La sua gloria è come la generosa disponibilità del seme che nei solchi della terrà produce frutto; il suo vanto consiste nella volontà di perdere la propria vita perché altri la ricevano in abbondanza; la sua soddisfazione è racchiusa nella capacità di gettar fuori il principe di questo mondo e sottrarre quest’ultimo dalla sua influenza nefasta, dall’ opprimente schiavitù nei confronti dell’antico serpente.
La sua glorificazione sarà la liberazione dell’umanità, il suo vanto l’uomo che potrà tornare a vivere nel profondo, la sua soddisfazione la pienezza di vita donata a piene mani a chiunque ne voglia far tesoro.
È nei meandri di queste affermazioni che Gesù esprime la sua piena consapevolezza del valore e del significato dell’ora della croce, dell’ora della sua passione.
Ed è a conclusione di queste riflessioni, di cui il vangelo odierno ci mette al corrente, che Gesù afferma con tutta chiarezza: “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”.
Solo apparentemente Gesù muore solo appeso alla croce. Una moltitudine di redenti sono attratti da quel legno, una moltitudine di salvati sono aggrappati a quel patibolo. La croce è il luogo in cui tutti coloro che cercano la vita si sono dati appuntamento. È crocevia di pellegrini in cammino verso la promessa del compimento e quel compimento sperato passa per l’incrocio dei pali cui Gesù è affisso. La croce ha un potere attrattivo, di coesione, di comunione, tutti unisce in un solo abbraccio. Ciascuno vi trova la sua sorgente, la sua scaturigine, la sua forza. Nella croce è vinta ogni solitudine, è abrogata ogni discriminazione, è cancellata ogni divisione. Nella croce tutti possono sentirsi fratelli. Alla croce ognuno può guardare come emblema di ogni riscatto, come vocazione inclusiva, come rinuncia ad ogni giudizio, come la fine di ogni condanna. Ogni naufrago vi trova la sua scialuppa, ogni infermo il suo farmaco, chi dubita le certezze che cerca, ogni assetato la sua bevanda; chiunque vacilla un punto fermo, ogni umiliato la sua vittoria. Gesù attrae tutti alla sua croce, non per dare una croce a ciascuno, ma perché tutti siano sollevati dalle proprie. Sulla croce di Cristo ciascuno crocifisso può appendere la sua croce ed esserne finalmente liberato.
Non siamo noi a dover prendere la croce di Cristo, è Lui che ha preso su di sé le nostre, liberando le nostre spalle e i nostri cuori da questo giogo di morte.
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