Lectio Divina Quotidiana / Martedì della seconda settimana di Quaresima

Lectio di Silvia Caprioli

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Dal Vangelo secondo Matteo 23,1-12

Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati «rabbì» dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare «rabbì», perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate «padre» nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare «guide», perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.

Medita

In questo passo del Vangelo siamo spiazzati dalle parole dure con cui il Maestro mette sull’attenti coloro che rivestono ruoli di responsabilità, ministeri particolari, pur preservando la verità del loro dire.  Gesù mette in guardia anche noi, dallo stesso pericolo: la malattia grave del “dicono ma non fanno”, che si insidia in ciascuno di noi e riguarda ogni ambito della nostra vita: la fede, la politica, la famiglia, la piazza… Siamo diventati tuttologi professionisti: impartiamo consigli e giudizi sulla vita degli altri, spendiamo ogni energia a tessere per noi stessi l’abito perfetto del dire e del fare, per essere ammirati, apprezzati, accettati… Una fatica disumana e inutile giacché “per donare la luce agli uomini devi vivere ciò che dici di essere, perché ciò che sei grida molto più forte di quello che dici” (Don Oreste Benzi).

Cos’è dunque questo mare che c’è tra il dire e il fare? O meglio cosa si è perso tra la parola e la prassi? Si è perso l’essere… facciamo ruotare la nostra vita attorno al nostro Ego che ci rende subdolamente schiavi dell’autoaffermazione, del culto di noi stessi, della logica dell’apparenza, e non ci permette di guardare e curare le nostre fragilità, le nostre paure, le nostre insicurezze ed inadeguatezze, che spesso sono proprio la radice di questa malattia.

Possiamo dunque guarire? Il Maestro ci indica la cura nella parte finale di questo passo evangelico: servire… impariamo a decentrarci da noi stessi, ad educare il nostro io totalizzante, padrone di tutto e misura di ogni cosa, alla scuola dell’umiltà. Non siamo maestri della vita, ma abbiamo bisogno di un Maestro di vita.  È questa la grandezza… vivere riscoprendoci ogni giorno discepoli  e  figli (amati!), accogliere il Vangelo non come un elenco di norme da rispettare o di comportamenti da appiccicare sulla nostra pelle, ma come dono della buona notizia, che  rende la nostra vita piena, se accolto in un’autentica relazione con Lui.

+ Ho un cuore da discepolo e mi sento figlio amato?

Prega

Signore Gesù, donami la sapienza di non strumentalizzare il bene che è in me all’apparenza e di essere testimone credibile del tuo Amore.

Agisci

Al termine del giorno rifletto sugli incontri e le relazioni vissute, chiedendomi se abbia dato più spazio all’apparire o all’essere: faccio memoria dei momenti in cui ho sperimentato la figliolanza e cerco a mia volta gesti autentici e concreti con cui posso farmi carico di un bisogno altrui.