Magistero

I documenti del magistero ecclesiastico sulla catechesi dal Concilio Vaticano II ai giorni nostri

Il Concilio Vaticano II (1962-1965), come noto, non ha parlato esplicitamente della catechesi, ma con la ventata di novità che ha espresso nei campi della rivelazione (Costituzione dogmatica Dei Verbum del 18 novembre 1965), della missione-evangelizzazione (Decreto Ad Gentes del 7 dicembre 1965) e dell’ ecclesiologia (in particolare con la costituzione dogmatica Lumen Gentium del 21 novembre 1964), si sono prodotti forti effetti anche nel campo della catechesi. Tant’è che il periodo post-conciliare è stato per la catechesi molto fecondo producendo numerosi documenti ed eventi sia a livello di Chiesa universale, sia di chiese nazionali, sia di chiese particolari. In questo piccolo riassuntino orientativo tratteremo solamente i documenti magisteriali che riguardano la Chiesa universale sia per motivi pratici di spazio, sia perché sono essi i fari ai quali la catechesi contemporanea guarda e si ispira.

Il direttorio catechistico generale, la cui prima edizione risale all’11 aprile del 1971 a cura della Congregazione per il Clero, fu pubblicato grazie all’esplicita richiesta fatta dai padri conciliari (Il decreto conciliare Christus Dominus del 28 ottobre 1965 al numero 44 dice: “Si redigano altresì sia uno speciale direttorio per la cura pastorale di particolari ceti di fedeli, tenute presenti le diverse situazioni delle singole nazioni o regioni, sia un direttorio per l’istruzione catechistica del popolo, nel quale si tratti non solo dei principi fondamentali di questo insegnamento, ma anche dell’orientamento e della elaborazione dei libri relativi a questa materia. Anche nel redigere tali direttori si abbiano presenti le osservazioni formulate dalle commissioni e dai padri conciliari“). Il direttorio si presenta come un insieme di principi che regolano a livello pastorale la catechesi, impregnati di spirito conciliare. Tratta, non senza qualche difficoltà, i temi della catechesi contemporanea, affrontandone i problemi. Sicuramente i tratti più illuminanti del documento stanno nell’aver sottolineato la dimensione evangelizzatrice e la caratteristica educativa della catechesi e di aver fatto sua la svolta antropologica che poi avrebbe influenzato tutta la catechesi contemporanea.

 

Il sinodo dei vescovi del 1974 e l’esortazione apostolica “Evangelii nuntiandi”. Il sinodo dei vescovi svoltosi dal 27 settembre al 26 ottobre 1974, condusse alla pubblicazione della ormai famosa esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi da parte di Paolo VI (papa dal 1963 al 1978). E’ datata 8 dicembre 1975 e il nucleo centrale consiste nel mettere in evidenza che la catechesi non è diretta solo a chi non conosce Cristo, ma è volta anche a consolidare e nutrire la fede del popolo credente. In quest’ambito affronta anche il tema dell’inculturazione, cioè del come portare l’azione evangelizzatrice all’interno delle varie culture. L’evangelizzazione diventa nuovamente grazia e vocazione propria della Chiesa. La catechesi è cardine dell’evangelizzazione, punto poi trattato nel sinodo sulla catechesi del 1977. L’Evangelii Nuntiandi sviluppa le tematiche del direttorio del 1971, aprendo nuovi orizzonti, uno dei quali, forse il più illuminato, fu quello riguardante i rapporti tra l’evangelizzazione e le prospettive di promozione e liberazione umana che verranno poi sviluppati e discussi successivamente nel sinodo del 1977.

Anche se il nostro piccolo sunto tratta dei documenti magisteriali, facciamo un piccolo cenno al sinodo dei vescovi del 1977 (30 settembre-29 ottobre), visto che ne abbiamo più volte parlato a proposito dell’esortazione Evangelii Nuntiandi. Ebbe come tema: “La catechesi nel nostro tempo con particolare riferimento alla catechesi dei fanciulli e dei giovani“. Da esso scaturirà poi l’esortazione apostolica Catechesi Tradendae che ai numeri 14 e 15 riporta i punti focali della trattazione sinodale, ossia la catechesi come diritto e dovere della Chiesa e la catechesi come compito della Chiesa: “E’ evidente, prima di tutto, che per la chiesa la catechesi è stata sempre un dovere sacro e un diritto imprescrittibile. Da una parte, è certamente un dovere, nato dalla consegna del Signore e che incombe su coloro i quali, nella nuova alleanza, ricevono la chiamata al ministero di pastori. D’altra parte, si può egualmente parlare di diritto: da un punto di vista teologico, ogni battezzato, per il fatto stesso del battesimo, possiede il diritto di ricevere dalla chiesa un insegnamento e una formazione che gli permettano di raggiungere una vera vita cristiana; nella prospettiva, poi, dei diritti dell’uomo, ogni persona umana ha il diritto di cercare la verità religiosa e di aderirvi liberamente, cioè sottratta ad ogni «coercizione da parte di singoli individui, di gruppi sociali o di qualsiasi potestà umana, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, né sia impedito… di agire secondo la sua coscienza». E’ per questo che l’attività catechetica deve potersi svolgere in circostanze favorevoli – di tempo e di luogo -, aver accesso ai mass-media e ad altri strumenti di lavoro appropriati senza discriminazione verso i genitori, i catechizzati o i catechisti. Al presente, questo diritto è certamente sempre più riconosciuto, almeno a livello dei suoi grandi principi, come ne fan fede dichiarazioni o convenzioni internazionali, in cui – quali che siano i loro limiti – si possono riconoscere i voti della coscienza di una gran parte degli uomini di oggi. Ma questo diritto è violato da numerosi stati, fino al punto che dare, o far dare, o ricevere la catechesi diventa un delitto passibile di sanzioni. E’ con forza che, in unione con i padri sinodali, io elevo la mia voce contro ogni discriminazione nel campo della catechesi, mentre lancio di nuovo un insistente appello ai responsabili, perché cessino del tutto queste costrizioni che pesano sulla libertà umana in generale e sulla libertà religiosa in particolare.” (CT 14), “La seconda lezione riguarda il posto stesso della catechesi nei programmi pastorali della chiesa. Più questa – a livello locale e universale – si dimostra capace di dare la priorità alla catechesi rispetto ad altre opere e iniziative, i cui risultati potrebbero essere più spettacolari, più trova nella catechesi un mezzo di consolidamento della sua vita interna come comunità di credenti e della sua attività esterna come missionaria. La chiesa, in questo XX secolo che volge al termine, è invitata da Dio e dagli avvenimenti – i quali sono altrettanti appelli da parte di Dio – a rinnovare la sua fiducia nell’azione catechetica come in un compito assolutamente primordiale della sua missione. Essa è invitata a consacrare alla catechesi le sue migliori risorse di uomini e di energie, senza risparmiare sforzi, fatiche e mezzi materiali, per meglio organizzarla e per formare un personale qualificato. Non si tratta di un semplice calcolo umano, ma di un atteggiamento di fede. E un atteggiamento di fede si riferisce sempre alla fedeltà di Dio, che non manca mai di rispondere.” (CT 15).

 

La Catechesi Tradendae, che a questo punto già conosciamo, fu preparata da Paolo VI, passò i 33 giorni del pontificato di Giovanni Paolo I (26 agosto-29 settembre 1978) e fu infine emanata da Giovanni Paolo II il 16 ottobre del 1979. Come abbiamo già detto è un’esortazione apostolica che riassume ed interpreta i contenuti del sinodo dei vescovi del 1977. Una cosa fondamentale è che la Chiesa universale fa sue le istanze del movimento catechistico (cristocentrismo, svolta antropologica, gerarchia delle verità) posando su due cardini: la catechesi ha come suo fine principale quello di essere vera educazione alla fede ed è alla base dell’azione evangelizzatrice della Chiesa; la pedagogia di Dio e di Cristo sta alla base della pedagogia della fede e deve costituire il cardine della pedagogia della catechesi.

 

 

Citiamo tra i documenti riguardanti la catechesi anche l’enciclica Redemptoris Missio del 7 dicembre 1990, perché essa, anche riguardando l’attività missionaria, fu pubblicata nel 25mo anniversario della pubblicazione del decreto Ad Gentes. Siccome il decreto ha avuto una funzione decisiva nello sviluppo della catechesi post-conciliare e siccome l’attività missionaria della Chiesa è strettamente correlata con l’attività di evangelizzazione, occorre far riferimento anche a questo importante documento per quello che ci interessa. L’enciclica pone addirittura il problema terminologico se sia o meno il caso di parlare ancora di missione, o sia meglio sostituire il termine con evangelizzazione. Come abbiamo visto in precedenza l’evangelizzazione è strettamente connessa alla catechesi, quest’ultima infatti ne costituisce il perno (guarda l’esortazione Evangelii Nuntiandi). Ciò ci fa capire l’importanza e la stretta correlazione nel discorso contemporaneo tra la missione, l’evangelizzazione e la catechesi. L’enciclica ha una forte impronta cristologica (guarda l’esortazione Catechesi Tradentae). Vi invitiamo a leggere con attenzione i numeri dal 71 al 74 che riguardano l’attività missionario-catechetica dei fratelli laici ed il peso che a questa viene data: “71. I pontefici dell’età più recente hanno molto insistito sull’importanza del ruolo dei laici nell’attività missionaria. Nell’Esortazione Christifideles laici anch’io ho trattato esplicitamente della «missione permanente di portare il Vangelo a quanti e sono milioni e milioni di uomini e di donne – ancora non conoscono Cristo redentore dell’uomo» e del corrispondente impegno dei fedeli laici. La missione è di tutto il popolo di Dio: anche se la fondazione di una nuova chiesa richiede l’eucaristia e, quindi, il ministero sacerdotale, tuttavia la missione, che si esplica in svariate forme, è compito di tutti i fedeli. La partecipazione dei laici all’espansione della fede risulta chiara, fin dai primi tempi del cristianesimo, a opera sia di singoli fedeli e famiglie, sia dell’intera comunità. Ciò ricordava già Pio XII, richiamando nella prima Enciclica missionaria le vicende delle missioni laicali. Nei tempi moderni non è mancata la partecipazione attiva dei missionari laici e delle missionarie laiche. Come non ricordare l’importante ruolo svolto da queste, il loro lavoro nelle famiglie, nelle scuole, nella vita politica. sociale e culturale e, in particolare, il loro insegnamento della dottrina cristiana? Bisogna anzi riconoscere – ed è un titolo di onore che alcune chiese hanno avuto inizio grazie all’attività dei laici e delle laiche missionarie. Il Vaticano II ha confermato questa tradizione, illustrando il carattere missionario di tutto il popolo di Dio in particolare l’apostolato dei laici e sottolineando il contributo specifico che essi son chiamati a dare nell’attività missionaria. La necessità che tutti i fedeli condividano tale responsabilità non e solo questione di efficacia apostolica, ma è un doverediritto fondato sulla dignità battesimale per cui «i fedeli partecipano, per la loro parte, al triplice ufficio – sacerdotale profetico e regale di Gesù Cristo». Essi, perciò, «sono tenuti all’obbligo generale e hanno diritto di impegnarsi, sia come singoli, sia riuniti in associazioni, perché l’annunzio della salvezza sia conosciuto e accolto da ogni uomo in ogni luogo; tale obbligo li vincola ancor di più in quelle situazioni in cui gli uomini non possono ascoltare il Vangelo e conoscere Cristo se non per mezzo loro». Inoltre, per l’indole secolare, che è loro propria, hanno la particolare vocazione a «cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e orientandole secondo Dio». 72. I settori di presenza e di azione missionaria dei laici sono molto ampi. «Il primo campo… è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale dell’economia…» sul piano locale, nazionale e internazionale. All’interno della chiesa si presentano vari tipi di servizi, funzioni, ministeri e forme di animazione della vita cristiana. Ricordo, quale novità emersa in non poche chiese nei tempi recenti, il grande sviluppo dei «movimenti ecclesiali», dotati di dinamismo missionario. Quando si inseriscono con umiltà nella vita delle chiese locali e sono accolti cordialmente da Vescovi e sacerdoti nelle strutture diocesane e parrocchiali, i movimenti rappresentano un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l’attività missionaria propriamente detta. Raccomando, quindi, di diffonderli e di avvalersene per ridare vigore, soprattutto tra i giovani, alla vita cristiana e all’evangelizzazione, in una visione pluralistica dei modi di associarsi e di esprimersi. Nell’attività missionaria sono da valorizzare le varie espressioni del laicato, rispettando la loro indole e finalità: associazioni del laicato missionario, organismi cristiani di volontariato internazionale, movimenti ecclesiali, gruppi e sodalizi di vario genere siano impegnati nella missione ad gentes e nella collaborazione con le chiese locali. In questo modo sarà favorita la crescita di un laicato maturo e responsabile, la cui «formazione… si pone nelle giovani chiese come elemento essenziale e irrinunciabile della plantatio ecclesiale». 73. Tra i laici che diventano evangelizzatori si trovano in prima fila i catechisti. Il Decreto missionario li definisce «quella schiera degna di lode, tanto benemerita dell’opera missionaria tra le genti… Essi, animati da spirito apostolico e facendo grandi sacrifici, danno un contributo singolare e insostituibile alla propagazione della fede e della chiesa». Non è senza ragione che le chiese di antica data, impegnandosi nella nuova evangelizzazione, abbiano moltiplicato i catechisti e intensificato la catechesi. «Sono i catechisti in terra di missione coloro che meritano, in modo tutto speciale, questo titolo di “catechisti”… chiese ora fiorenti non sarebbero state edificate senza di loro». Anche col moltiplicarsi dei servizi ecclesiali ed extra ecclesiali il ministero dei catechisti rimane sempre necessario e ha peculiari caratteristiche: i catechisti sono operatori specializzati, testimoni diretti, evangelizzatori insostituibili, che rappresentano la forza basilare delle comunità cristiane, specie nelle giovani chiese, come ho più volte affermato e constatato nei miei viaggi missionari. Il nuovo codice di Diritto canonico ne riconosce i compiti, le qualità, i requisiti. Ma non si può dimenticare che il lavoro dei catechisti si va facendo sempre più difficile e impegnativo per i cambiamenti ecclesiali e culturali in corso. Vale ancor oggi quanto già suggeriva il Concilio: una più accurata preparazione dottrinale e pedagogica, il costante rinnovamento spirituale e apostolico, la necessità di «garantire un decoroso tenore di vita e di sicurezza sociale» ai catechisti. È importante, altresì, favorire la creazione e il potenziamento delle scuole per catechisti, che, approvate dalle Conferenze episcopali, rilascino titoli ufficialmente riconosciuti da queste ultime. 74. Accanto ai catechisti bisogna ricordare le altre forme di servizio alla vita della chiesa e alla missione, e gli altri operatori: animatori della preghiera, del canto e della liturgia; capi di comunità ecclesiali di base e di gruppi biblici; incaricati delle opere caritative; amministratori dei beni della chiesa; dirigenti dei vari sodalizi apostolici; insegnanti di religione nelle scuole. Tutti i fedeli laici debbono dedicare alla chiesa parte del loro tempo, vivendo con coerenza la propria fede.

 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica si presenta da solo: “Questo catechismo ha lo scopo di presentare una esposizione organica e sintetica dei contenuti essenziali e fondamentali della dottrina cattolica sia sulla fede che sulla morale, alla luce del Concilio Vaticano II e dell’insieme della Tradizione della Chiesa. Le sue fonti principali sono la Sacra Scrittura, i Santi Padri, la Liturgia e il Magistero della Chiesa. Esso è destinato a servire come un punto di riferimento per i catechismi o compendi che vengono preparati nei diversi paesi“(CCC 11). Tutto questo alla luce dello straordinario evento che la Chiesa aveva vissuto poco più di trent’anni prima, il Concilio Ecumenico Vaticano II. E’ diviso, come poi lo sarà logicamente anche il Compendio, in quattro grandi parti che trattano quattro argomenti basilari per la vita di fede cristiana: la professione di fede (lex credendi), la celebrazione del mistero cristiano (lex celebrandi), la vita in Cristo (lex vivendi), la preghiera cristiana (lex orandi). Ognuna di queste parti è formata da due sezioni, la prima spiega a grandi linee l’argomento, la seconda lo approfondisce. Parlando in termini più teologici, la prima parte tratta di teologia fondamentale e dogmatica, la seconda di sacramentaria e liturgia, la terza di teologia morale, la quarta di teologia spirituale con particolare attenzione alla vita di preghiera.
Il catechismo è un volumone di poco al di sotto delle mille pagine, ed è la fonte principale degli insegnamenti della Chiesa. Fu approvato in un primo momento con la costituzione apostolica “Fidei Depositum” dell’11 ottobre del 1992 e in forma definitiva il 15 agosto 1997 con la lettera apostolica ” Laetamur Magnopere“.

 

Il direttorio catechistico generale, in seconda edizione, intende sostituire il direttorio del 1971. Fu approvato dal papa Giovanni Paolo II il 15 agosto del 1997. Rispetto al Direttorio del 1971, ha introdotto all’inizio di ogni parte e in vari capitoli, alcuni brani biblici. Ciò alleggerisce il “serrato” dogmatismo del precedente. Si divide in cinque parti oltre all’introduzione ed alla conclusione: 1) La catechesi nella missione evangelizzatrice della Chiesa, divisa a sua volta in 3 capitoli su La Rivelazione e la sua trasmissione mediante l’evangelizzazione, La catechesi nel processo dell’evangelizzazione, Natura, finalità e compiti della catechesi. 2) Il messaggio evangelico in due capitoli, Norme e criteri per la presentazione del messaggio evangelico nella catechesi e Questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa. 3) La pedagogia della fede in due capitoli, la pedagogia di Dio, fonte e modello della pedagogia della fede, ed Elementi di metodologia. 4) I destinatari della catechesi in cinque capitoli, Adattamento al destinatario, La catechesi per età, La catechesi per situazioni speciali, mentalità, ambienti, La catechesi in contesto socio-religioso, La catechesi in contesto socio-culturale. 5) La catechesi nella Chiesa particolare in quattro capitoli, Il ministero della catechesi nella Chiesa particolare e i suoi agenti, La formazione per il servizio della catechesi, Luoghi e vie dalla catechesi, L’organizzazione della pastorale catechistica nella Chiesa particolare. Nel documento si parla di nuova evangelizzazione nei confronti dei già cristiani e si forniscono orientamenti per la nuova catechesi: essa si deve porre a servizio dell’evangelizzazione della chiesa, deve annunciare i misteri principali del cristianesimo utilizzando una base cristocentrica (il direttorio mette in evidenza alcune mancanze della catechesi contemporanea che consistono nel non enunciare con la dovuta attenzione le verità rivelate su Dio, sull’uomo, sul peccato, sulla grazia e sull’escatologia), deve avere dei destinatari privilegiati, fra cui gli adulti sono i più importanti, deve educare il credente attraverso una pedagogia basata sulla pedagogia della rivelazione, deve puntare a un’adeguata preparazione dei catechisti.

Il Santo Padre Giovanni Paolo II, dopo aver “regalato” al popolo di Dio il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) l’11 ottobre del 1992, undici anni più tardi istituiva una commissione speciale presieduta dall’allora cardinale Joseph Ratzinger per la stesura di un Compendio che contenesse formulazioni più sintetiche in materia di fede rispetto al normale Catechismo. Il 20 marzo 2005, grazie al lavoro della commissione, veniva alla luce quello che sarebbe stato poi conosciuto da tutti come il Compendio al Catechismo della Chiesa Cattolica.
Come dice la stessa introduzione firmata dal cardinal Joseph Ratzinger, la caratteristica del Compendio sta nel costituire un’opera a se stante rispetto al Catechismo, rimandando continuamente a quest’ultimo senza pretendere di sostituirlo. Un’altra sua caratteristica è quella di presentare un genere letterario dialogico, genere efficace ed immediato già utilizzato in passato, basato su domanda e risposta tra maestro e discepolo.
Il Compendio si divide in quattro parti. La prima riporta come titolo “La professione di fede” e tratta sostanzialmente gli articoli del simbolo niceno-costantinopolitano (lex credendi). La seconda intitolata “La celebrazione del mistero cristiano” ci descrive gli aspetti della vita sacramentale della Chiesa dove il Verbo incarnato, morto e risorto agisce in maniera efficace (lex celebrandi). La terza, “La vita in Cristo“, descrive come tutti gli appartenenti alla Chiesa debbono manifestare nei loro comportamenti la fede che professano (lex vivendi). La quarta parte, “La preghiera cristiana. Padre Nostro“, offre una bella lezione su quella che deve essere la vita di preghiera del cristiano modellata sulla vita di preghiera del Pastore, Gesù il Cristo (lex orandi).